Fonte https://www.anvgd.it/storia-ed-emozioni-in-trieste-1954-di-simone-cristicchi/
di Lorenzo Salimbeni Simone Cristicchi è tornato a raccontare la storia del confine orientale italiano. Duilio Persichetti è uscito dal Magazzino 18 del Porto Vecchio, dopo aver raccontato per un decennio in tutta Italia e pure all’estero le storie che racchiude. Storie di foibe e di esodo, storie di opposti nazionalismi e di totalitarismi, storie di frontiera che hanno travolto 350.000 istriani, fiumani e dalmati sparsi in Italia e nel mondo.
Convinto dal regista Paolo Valerio, Cristicchi è tornato al Politeama Rossetti per essere protagonista anche lui delle celebrazioni per i 70 anni del ritorno dell’amministrazione italiana a Trieste e lo ha fatto nel modo che gli è più congeniale: con una nuova rappresentazione di teatro civile intitolata Trieste 1954.
Scritta insieme a Simona Orlando, quest’opera riporta in scena lo stralunato protagonista di Magazzino 18, il burocrate romano Persichetti che, dopo aver portato alla luce le storie degli esuli («Duilio Persichetti ha fatto er dovere suo: l’inventario, che è il contrario dell’inventato!»), esplora la storia di quella che è diventata la capitale morale dell’esodo, Trieste città contesa tra Italia e Jugoslavia in un lungo, complesso e aspro dopoguerra.
«La città immediata, la città contesa, la città-martire, la città-ponte, Tergeste – la città-mercato, la Napoli del nord, la città-interiore, il “nessun luogo” che li racchiude tutti. Trieste ha un record di definizioni! E poi, quella romana, asburgica, fascista, del Reich, jugoslava, angloamericana, italiana»
L’inquadramento storico parte dalla corsa per Trieste, prosegue con i cruenti Quaranta giorni di occupazione titina, le difficili trattative diplomatiche che portano al Trattato di Pace punitivo nei confronti dell’Italia e alla nascita del Territorio Libero di Trieste («In pratica, TILT è uno stato… che nun c’è mai stato»).
Zona A e Zona B, esuli ed emigranti, il benessere americano e le pretese jugoslave: con ironia e attenzione il personaggio di Cristicchi racconta alla moglie Adele il decennio che visse il capoluogo giuliano in attesa di una nuova definizione di quel confine mobile tra due mondi.
Commozione diffusa nel pubblico quando Cristicchi ricorda quel 26 ottobre 1954, il giorno in cui tutta Italia è idealmente riunita in Piazza Unità a Trieste a festeggiare il ritorno dei nostri soldati, la fine dell’angoscia e delle paure. Zona A italiana, Zona B però ancora di più sotto il controllo della Jugoslavia comunista. Gioia e malinconia, entusiasmo e sconforto si mescolano nelle migliaia di esuli già arrivati a Trieste ed in coloro i quali si accingono ad abbandonare l’Istria nell’ultima ondata dell’Esodo.
Dopo aver ripercorso questa drammatica vicenda accompagnato dall’Orchestra del Teatro Verdi diretta da Valter Sivilotti, dal Coro del Friuli Venezia Giulia diretto da Cristiano Dell’Osto e dalla voce di Franca Drioli, Cristicchi raccoglie l’ovazione del pubblico con un messaggio di speranza: « Il perdono è una delle più grandi fatiche dello spirito. Significa non dimenticare, ma ricordare senza il desiderio di vendetta. L’evoluzione è composta da due elementi: guardare avanti e sognare. Ma forse l’ordine è all’inverso. Sognare insieme ci fa guardare avanti».